Fare Marketing con il Corporate Social Reponsibilities (CSR).

Un recente sondaggio di Mediacom ha messo in evidenza come la corrispondenza dei valori è un fattore fondamentale per decidere su un acquisto B2C. I clienti, soprattutto i giovani, avendo un’ampia capacità decisionale, cercano di conciliare le loro scelte etiche con quelle delle imprese. D’altra parte è dimostrato che avere una seria Corporate Social Responsibility (CSR) (in italiano Responsabilità Sociale d’Impresa) influenza pesantemente le vendite.

Il sondaggio ha evidenziato che tra le altre cose:

  • l’80% degli adolescenti considerano i valori dell’impresa come uno dei fattori più importanti per decidere un acquisto (per paragone la qualità è l’unico fattore più citato con l’81%);
  • Il 57% degli adolescenti (e il 49% degli adulti) pagherebbero di più per brand che supportano organizzazioni o cause importanti per loro.

Quindi qui entra in gioco la lealtà di un’impresa alla sua etica e cosa presenta come valore.

Come usare il CSR per Marketing

L’iniziativa, ovviamente, è libera e:

  • Dovrebbe essere commisurata alla dimensione e all’influenza dell’impresa. Si possono fare proclami schierandosi per iniziative di dimensioni molto al di sopra della propria portata. Ma ha senso? Si vedono magari realtà locali (es. Pompe funebri) che si schierano in battaglie etiche di portata nazionale. Raggranellano certamente migliaia di like e share sui social, ma quanti poi diventano loro clienti? Ovvio che magari condivido la battaglia, ma non andrò certo da un commerciante locale a 50 km da casa mia solo per quello. E anche se magari aumentano la clientela locale, che impatto possono avere sulla loro causa? Apprezzabile, senza dubbio, ma limitato anch’esso.
  • Dovrebbe essere allineata con gli ideali e le preoccupazioni dei clienti. Questo è più evidente nell’opposto, quando magari le associazioni vanno a criticare le società. Quando ad esempio Greenpeace attacca un’impresa (vedi gli hashtag #PlasticMonster e #BreakFreeFromPlastic), l’impresa dovrebbe rispondere con la dovuta coerenza. Ad esempio Starbucks, cogliendo le preoccupazioni dei suoi clienti, ha bandito, con ampi proclami, le cannucce di plastica. (solo per sostituirle con dei coperchi di plastica, a loro dire migliori, ma business is business).

Cosa fare?

Le iniziative sono le più disparate. Potrebbero essere semplici come scrivere “senza olio di palma” sulle proprie confezioni alimentari (N.B. il che non ha niente a che vedere con eventuali disturbi alimentari legati al consumo di olio di palma. Bensì che si combatte la deforestazione dovuta alle piantagioni di palma da olio.). Ma possono anche essere iniziative imponenti che coinvolgono tutta l’impresa e destano l’interesse dei giornali e dell’intera società. Basti pensare alle iniziative di Corporate Volunteering di Deloitte (che dal 2013 al 2017 ha erogato 340.000 ore di volontariato). Oppure alle prese di posizione a tutela della maternità e paternità di Spotify (che ha portato il congedo parentale a 6 mesi, con il 100% della busta paga).

Basta far spaziare la fantasia, con criterio.

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